Itinerario cicloturistico

68,6 – 94,6 km
7 ore

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In bici tra selve e colli

I siti UNESCO del Friuli Venezia Giulia sorgono in ambienti dalle peculiarità paesaggistiche e urbanistiche davvero uniche, attraversati da strade, ciclovie e sentieri di campagna, dei veri paradisi per il ciclonauta.

Fate bene a non essere sazi delle bellezze longobarde che vi ha offerto Cividale, perché il circuito (anzi, i due circuiti che propongo, uno di 70 km e in alternativa un altro di 95, per i più temprati) vi porteranno a conoscere due mondi: quello boscoso e selvatico della Slavia friulana a Nord, e quello del Friuli dei vini e dell’ordinato paesaggio collinare a Sud. Cividale è la cerniera tra queste due realtà che si toccano, ma che sono portatrici di quelle diversità storiche e linguistiche di cui la Regione è una straordinaria arena.

Partenza dalla scenografica Piazza Paolo Diacono, per fare conoscenza dopo pochi colpi di pedale con quel fiume dai colori limpidi e freddi da gioielleria geografica: il Natisone, Nediža nella variante slovena locale. É la colonna vertebrale azzurra e turchese le cui costole sono altri torrenti che disegnano l’area delle quattro Valli del Natisone. Valli costellate di paesi silenziosi e poco abitati, di antiche chiesette spesso affrescate (quarantaquattro!) e boschi fitti di castagni, roveri, aceri e tigli, sopravvissuti alla fame endemica di legname della Serenissima, che li risparmiò. Sono valli che i ciclisti friulani conoscono bene, quelli di buona gamba, ovviamente: poco traffico, aria pulita, scorci unici e, a volte, pendenze da cardiopalma. E poi le acque fredde dei torrenti dove i più coraggiosi, o i più accaldati, si rinfrescano senza neppure togliersi i pantaloncini da biker.

Se non vi accontenterete dell’itinerario proposto, che è abbastanza umano – a parte qualche strappo – esplorare questi luoghi unici per tranquillità e assenza di traffico sarà un’esperienza indimenticabile, ma dovrete fermarvi qualche giorno in più. La ciclabile, che segue la destra orografica del fiume, passa per Ponte San Quirino, da dove parte un’altra tormentata forra del nostro Nediža, scolpita dal fiume nel corso dei millenni con sapienza selvatica, e arriva a San Pietro al Natisone. Bene, sappiate che nelle Valli si parla una variante dello sloveno e che tutti i nomi dei paesi sono doppi: in sloveno – nomi originali – e in italiano. Appena fuori da Cividale, città dove impera il friulano, comincia quel mondo slavo che finisce a Vladivostok, di fronte al Mar del Giappone. Undicimila chilometri di Slavia, mi dice Google Earth: io lo trovo da brivido. Oltre alla tranquillità del paesaggio, le cose da visitare sono tante: il quieto cimitero di Guspergo, a pochi minuti da Sanguarzo, silenzioso e con le lapidi che emergono da un mare d’erba; o la lastra di Biacis, pietra incisa in periodo protostorico e poi riutilizzata come tavola litica per le riunioni del tribunale locale; o la chiesetta di San Giovanni d’Antro, costruita in una grotta: ma per raggiungerla dovrete fare una deviazione in salita di un chilometro, bello tosto. Ma la sola pedalata fino a Specognis, anzi, per la precisione a Podsvarchis, vale la lieve fatica. Lo sentite il fascino dei nomi? Dopo aver attraversato il ponte sul fiume la strada ci riconduce verso Cividale, offrendoci la vista sul Natisone dall’altra riva. Sia all’andata che al ritorno spesso passerete accanto al suo corso cristallino, con una vista dall’alto che incanta gli occhi.

Se amate le pedalate tranquille, potrete lasciare l’altra metà del percorso per domani, ma se i 70 (o i 95 km della versione maxi) non vi spaventano, sfiorerete Cividale per entrare in un altro mondo: quello del Friuli dei vini, delle nostalgie asburgiche, delle colline.

Due mondi a contatto come le facce di una moneta, ma ricchi di diversità magiche, di distanze che si toccano. Là lo sloveno, qua il friulano, là i boschi, qua le vigne. Le stradine, spesso sterrate, che vi porteranno a Cormòns, sono intrise, più che di eccellenze storiche, di paesaggio: si pedala attraverso vigneti ai piedi delle colline, ci s’imbatte in antichi casali. Qualche salita vi attende, come il modesto passo che poi vi spedirà in discesa a Craoretto, o la salita del bosco di Plessiva, tutta in sterrato in mezzo ai boschi. La Piana del Prevàl è un intrico di strade e sentieri ciclabili e se ci si vuole perdere non c’è altro da fare che abbandonare la traccia GPS: tanto Cormòns è a un tiro di schioppo. Potrete abbreviare il giro, ma io vi accompagno alla meta facendovi passare per il viale di cipressi centenari, veramente unico e ignorato dalla maggior parte dei friulani, una Bolgheri nostrana che da Monticello arriva alle porte della cittadina.

Cormòns è Friuli asburgico fino nel DNA. La statua di bronzo davanti alla chiesa di Santa Caterina (o della Rosa Mistica), per i credenti scrigno di reliquie e miracoli, non è né di Vittorio Emanuele né di Garibaldi. L’elegante signore in bronzo è Massimiliano I d’Asburgo, grato alla cittadina per la fedeltà all’Impero e per i suoi vini, che l’imperatore voleva sempre sulla sua mensa. È come se in piazza a Klagenfurt ci fosse la statua di Cavour, per capirci. Trattorie e osterie, una fornitissima enoteca e un groppo di vicoli affiancati da antiche case sono il cuore di questo centro vinicolo d’eccellenza. Se peccatucci enologici vi avranno tagliato le gambe, potrete optare per la direttissima: 18 km di pianura fino a Cividale – non ci si può perdere – altrimenti seguite la nostra traccia, che vi castigherà sulla salita all’abbazia di Rosazzo con uno strappo breve ma, garantisco, intenso. L’abbazia risale al 1000, custodisce affreschi di scuola veneto-giorgionesca e il percorso collinare offre uno sguardo da rapace sulla pianura. Per il ritorno, che toccherà i paesi di Oleis, Leproso e Firmano, sarà il fiume azzurro, il Natisone, che vi accompagnerà fino a Cividale. La strada, ora asfaltata ora sterrata, a volte segue il fiume e a volte se ne allontana, insinuandosi tra vigne e campi. Ma la cerchia delle montagne friulane, innevate d’inverno e azzurrine d’estate, non lascerà mai gli occhi senza questo piacere dell’abbeverarsi senza bere: solo uno degli incanti di questa Regione sfaccettata come un diamante.
E rientrando a Cividale, non privatevi dell’ultimo sguardo sul fiume, in sella alla vostra bicicletta, appoggiati alla spalletta di pietre del Ponte del Diavolo. Siete stanchi? A volte la stanchezza è un premio.