Itinerario cicloturistico

47 km
4/5 ore (solo andata)

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In bici tra fonti e prati

Polcenigo ha qualcosa di onirico: perché qui, ai piedi del baluardo montuoso del Piancavallo, all’estremo Nord della Regione, trovarsi immersi in un frammento di Veneto – un angolo di Vicenza, o di Venezia? – è qualcosa di straniante.

Tutt’intorno, paesini e campagne coltivate, trattori che rivoltano lucide zolle d’inverno o sollevano nuvole di pula dorata d’estate. Ci sono palazzi molto belli – ad esempio palazzo Fullini-Zaia, che domina la piazzetta con i suoi archi di un’eleganza settecentesca: ma non è il solo che ruberà il vostro sguardo. Anche le acque limpide e veloci che attraversano il borgo ne fanno una pietanza architettonica dal sapore unico, un leone alato veneto atterrato ai piedi dei monti friulani. Il torrente ciarliero che la attraversa, il Gorgazzetto, è una delle vene gelide dell’intensa vascolarizzazione di acque che sgorgano in pianura dopo aver attraversato le viscere delle montagne.
Ma il sito UNESCO di Palù? È ora di montare in bici e di raggiungerlo. Si trova a meno di due chilometri da qui. “L’essenziale è invisibile agli occhi” è la frase da “Il Piccolo Principe” che più gli si adatta. Vedrete solo una distesa d’erba. Il resto è tutto sottoterra ed è tutto da scavare. Una Pompei sotterranea e preistorica giace sotto un grande prato. Il Museo Archeologico del Friuli Occidentale, a Pordenone, espone una selezione dell’enorme quantità di materiali rinvenuti nel sito palafitticolo.

Ci tocca un piccolo sacrificio: per visitare le sorgenti della Santissima e il Gorgazzo, imperdibili dispensatrici di chiare, fresche e dolci acque valchiusane, nonché sorgenti del fiume Livenza, dovremo percorrere poi fino a Budoia la strada pedemontana, non “friendly” per il ciclista. Ma non preoccupatevi, sono solo pochi chilometri. Prima la Santissima: è un piccolo paradiso d’acque e un santuario, dedicato alla Trinità, conserva interessanti opere d’arte al suo interno. Passeggiarci d’estate è come cambiar clima in pochi metri: dal caldo alla frescura.
Il Gorgazzo, tre chilometri più avanti, è un sifone da far paura, situato presso un borgo pittoresco. Esplorazioni subacquee ardite e pericolose hanno portato i sommozzatori a -212 metri. La trasparenza e i colori da pietre dure affascinano, la sua profondità abissale fa paura.

Bene, è ora di conoscere una delle ciclovie più belle che abbia mai percorso. A Budoia, finito il breve sacrificio stradale, la imboccherete seguendo la traccia GPS e, a parte qualche incursione, gradita, in paesi che offrono scorci pittoreschi e chiesette affrescate, viaggerete su un tappeto volante con dolci saliscendi. Dolci, lo prometto. A Castel d’Aviano il primo incontro con la Storia. Del castello del secolo X, originariamente dei Patriarchi di Aquileia, restano pochi ma significativi resti che ne fanno intuire l’imponenza. All’interno della cinta muraria si trova una chiesa cinquecentesca, con una cripta e diverse opere d’arte minori. La chiesa è di fattura così elegante da suggerirne un’attribuzione nientemeno che al grande Vincenzo Scamozzi. Bella la vista sulla pianura.

Le case, le pietre. I sassi e la forza delle acque hanno influito in modo diverso sull’architettura spontanea dei paesi friulani.

Qui sono state erette con grossi ciottoli a vista, come vedete. Anche in molti paesi della Bassa Friulana è stato utilizzato lo stesso materiale, ma i sassi sono molto più piccoli. Come mai? È stato proprio l’impeto delle acque che ha determinato questa differenza di texture: perdendo forza con la diminuzione della pendenza, ad arrivare fino nella Bassa (ad esempio a Clauiano, vedi la brochure sul giro di Palmanova) sono stati solo sassi di piccole dimensioni, mentre i più pesanti si sono fermati a monte. Mi pare bello considerare questa sinergia tra uomini, acque e materiali, questa storia dell’architettura senza storia.
Le chiesette, spesso impreziosite da cicli pittorici degni di attenzione, sono una legione e qui non possiamo segnalarvele tutte. Però alcune sì, e la prima è Santa Caterina d’Alessandria, che troverete sulla via che state seguendo, ed esattamente a Marsure, frazione di Aviano. Popolareggianti e coloratissimi gli affreschi dell’abside, ispirati alle storie della Santa, e in discreto stato di conservazione.

Da qui fino a Montereale Valcellina aprite gli occhi alla meraviglia e le orecchie alle voci sommesse della natura. Il cammino, in perdonabili saliscendi, si snoda attraversando ora campi coltivati, ora boschi, ora prati stabili, una vera delizia. Incrociando la strada asfaltata nei pressi di Malnisio una reliquia agraria vi rammenterà frammenti del passato: alla vostra destra una processione di dieci grandi gelsi, tormentati come i Prigioni di Michelangelo, ricordano che in tutto il Friuli si coltivava la seta, anche se ce lo siamo dimenticato. Se siete più inclini alla tecnica che all’arte o alla natura, proprio a Malnisio si trova la monumentale centrale elettrica “Antonio Pitter”, entrata in funzione nel 1905. Oggi è un museo ed è stata dichiarata bene d’interesse culturale dalla Regione. Dovrete deviare un po’ dalla traccia proposta, ma poco, e gli ingegneri a pedali faranno bene a visitarla: e non solo loro.

Montereale Valcellina, oltre al grazioso centro e a un piccolo ma eloquente museo archeologico che raccoglie reperti dalla preistoria al Medioevo, possiede quella che secondo me è la più bella chiesetta affrescata di tutto il percorso: San Rocco. Si trova nel cimitero, di solito è aperta (porta laterale!) e vi sarà facile trovarla. Lo Zaffoni, detto il Calderari, non sarà stato un pittore eccelso, ma fu allievo del Pordenone e qualcosa del genio del Maestro gli rimase appiccicato al pennello. L’abside è movimentata da un ciclo di affreschi sulle storie della Vergine. Buono l’impianto e fresca, didascalica e vivace la narrazione, perfettamente leggibile dagli analfabeti dell’epoca. Vi invito a indugiare su un particolare: sulla parete sinistra, quasi avulso dal contesto, c’è un ritratto vivacissimo di un uomo che legge un libro. È il pievano Stefano da Grizzo cha contempla, assorto e quasi sornione, la sua chiesa. E bravo Calderari: qui sì che ti avvicini al tuo Maestro!

Siamo quasi a fine tappa: Maniago, città dei coltelli fin dal Medioevo, ospita il Museo dell’arte fabbrile e delle coltellerie.

E poi c’è la bella e grande piazza e il notevole duomo di San Mauro e tante altre pregevoli architetture civili e religiose. Per chiudere, due consigli. Se avete fiato, tornate indietro per la stessa strada: vista nella direzione opposta cambiano le prospettive… e poi è così bella. Per chi vuol dire basta… beh, c’è un treno che da qui riporterà voi e la vostra bici al punto di partenza, a Polcenigo, per un bell’aperitivo nella piazzetta, con vista sul torrente e sugli spalti del Piancavallo.